venerdì 22 aprile 2011

L'omofobia del Cardinale Bertone

L'omofobia del Cardinale Bertone
Il Manifesto
, 14 aprile 2011

Ma allora dovremmo non chiamare pedofilo un qualunque maschio dedito a stuprare ragazzine minorenni, dato che la pedofilia è legata a quell'altra "perversione" che è l'omosessualità? Il card. Bertone, che afferma questa ennesima castroneria, lo fa evidentemente in nome di quella "antropologia biblica" a cui spesso alludono i gerarchi cattolici, non sospettando nemmeno lontanamente che essa ha più o meno l'attendibilità della cosmologia contenuta nello stesso testo sacro e abbandonata anche dai più reazionari astronomi pontifici.
Del resto l'antropologia biblica non fornisce molti lumi su che cosa si debba definire in assoluto pedofilia: al catechismo ci hanno insegnato che la vergine Maria andò sposa a Giuseppe intorno ai tredici anni, era quello l'uso della società e dell'epoca, e le sue coetanee che si sposavano a quell'età non erano tutte benedette dallo Spirito Santo, concepivano e partorivano in modi meno soprannaturali. Forse non solo come "padre putativo", ma soprattutto perché non era omosessuale, anche oggi San Giuseppe sfuggirebbe all'accusa di essere pedofilo, vescovi e papi non lo denuncerebbero alle autorità civili, come del resto hanno continuato a fare per tanti anni conformemente ad autorevoli indicazioni del Santo Uffizio, anche ratzingeriano. Che anche l'età in cui si è ritenuti capaci di liberi rapporti sessuali sia un affare di cultura più che di natura non scandalizza nessuno, tranne coloro che continuano a credere che ci sia una "legge naturale" di cui sarebbero detentori il papa e i vescovi e che li autorizzerebbe a decidere in nome di Dio sull'aborto, la fecondazione assistita, l'eutanasia, il divorzio e magari su tutto ciò che le costituzioni moderne affidano alle leggi democraticamente scelte dai cittadini.
Noi possiamo condannare la pedofilia perché viola una legge dello stato, se uno non riesce a resistere a pulsioni pedofile deve cercare di controllarsi, anche con l'aiuto della medicina, più o meno come chi sia compulsivamente esibizionista, o sadico, cleptomane ecc. Non sappiamo se in queste tendenze ci sia qualcosa di "naturalmente" deprecabile, salvo quando, come nel caso della pedofilia, implichino violenza sugli altri; e i bambini, come non fanno contratti e non votano, così non sono considerati capaci di scegliere liberamente se, come e con chi fare sesso. Chi li costringe a farlo fa loro violenza, anche se possiamo capire che non si senta un mostro il vecchio curato o il vecchio maestro che accarezza una giovane parrocchiana o un giovinetto suo discepolo. Se l'una o l'altro non hanno ancora l'età può anche non essere peccato, ma è un reato, e come tale va perseguito (con tutte le eventuali attenuanti del caso: professor Socrate, quanti anni ha il suo Alcibiade?).
Dunque, a parte le ubbie omofobe del card. Bertone e di tanti suoi confratelli (evidentemente l'omosessualità resta il vero nemico, perché è una cosa seria, ormai nessuno la considera una "malattia"; e anche perché se la trovano continuamente per casa), potremmo persino dar ragione a vescovi e papi quando cercano di risolvere la cosa "in famiglia", proprio come accade quando un genitore scopre che il figlio, o la figlia, è stato molestato dallo zio, spesso senza riportarne quei terribili traumi denunciati dagli avvocati americani per ottenere i risarcimenti che hanno mandato in rovina tante diocesi. E, diciamolo a rischio di essere fraintesi o anche maledetti, quanta della violenza connessa alla pedofilia dipende dallo stigma sociale che l'ha da ultimo sempre più duramente colpita? Il pedofilo che abusa del bambino nel bosco forse non lo ucciderebbe se non temesse di essere denunciato alla nonna e poi proposto da Calderoli per la castrazione chimica. Creare mostri non è mai servito a nulla. Sto chiedendo di premiarlo, invece? Certo che no. Solo, enunciando pensieri che vengono in mente anche a chi, senza essere pedofilo (con tutto il rispetto per il loro problema) è sanamente omosessuale; pensieri su cui tanti, preti, vescovi e no, forse farebbero bene a riflettere.
Gianni Vattimo

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