martedì 30 giugno 2009

Gay Pride a Genova

28 giugno 2009

Gay Pride Genova: Luxuria, Grillini, Don Gallo. Tutti al corteo
Sabato 27 giugno a Genova danze, musica a tutto volume, colore e sorrisi. Alla manifestazione c'erano Luxuria, Grillini, don Gallo, Concia, Della Vedova.

Di Francesca Baroncelli (mentelocale.it)

GENOVA, 27 GIUGNO 2009
Gay Pride di Genova: dopo il corteo, tutti in piazza De Ferrari. Sul palcoscenico le associazioni che hanno aderito alla manifestazione hanno parlato di diritti e libertà. «Questa è una piazza piena di Princesas», ha esordito la presentatrice e madrina del Pride Vladimir Luxuria. La canzone di De André, Princesa, è stata scelta come inno della manifestazione. Quello di De Ferrari è stato un palco politico: «speriamo che la Carfagna venga sfiorata dall'idea che le coppie omosessuali hanno gli stessi diritti di quelle etero», ha incalzato Luxuria.In molti si chiedevano se la Sindaco Marta Vincenzi sarebbe salita sul palco. L'ha fatto e ha dichiarato: «questa è una manifestazione straordinaria. Ringrazio i tanti genovesi che hanno accompagnato il corteo. Essere qui è impegnativo, perché significa che non finisce qui. Questo Pride è stato solo un inizio».
Insieme a Luxuria, a De Ferrari c'era un'altra madrina d'eccezione. Lella Costa era entusiasta: «questa piazza fa bene al cuore. Il tema dei diritti riguarda tutti noi. Ora Genova può avviare un nuovo percorso, dopo il periodo buio iniziato il 21 luglio di otto anni fa: dopo il G8 la città si è finalmente riscattata».
Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay ha chiesto al pubblico: «entrate in Arcigay per cambiare le cose. Dobbiamo essere uniti per dire a Mara Carfagna e a Ratzinger di non illudersi: noi ci saremo sempre».
Franco Grillini, presidente onorario dell'Arcigay, ha ricordato che «non abbiamo mai visto un Pride in diretta sulla Rai. Ma il Family Day è stato trasmesso. Chiediamo la par condicio».
Il saluto finale è toccato a Lella Costa: « quando tornate nelle vostre case, fate una carezza ai vostri figli, e dite loro che questa è la carezza del Pride».
Tanta tanta gente (200 mila persone) in corteo. Tanti etero, tante famiglie, tanti bambini. E naturalmente quel popolo LGBTQI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali) che con il Gay Pride chiede diritti e rispetto.
Sabato 27 giugno a Genova danze, musica a tutto volume, colore e sorrisi. I 20 carri che animano il corteo sono carichi di messaggi: Lezioni d'ironia contro l'omofobia, recita quello lombardo; Vogliamo godere dei nostri diritti, si legge sul carro di Arcilesbica; Non siamo fantasmi, ma palloncini colorati sul trenino delle Famiglie Arcobaleno, carico di bambini. E poi ci sono i Cuerpos libres del carro dei gay e trans migranti.
Genova c'è: le strade del corteo sono stracolme e Vladimir Luxuria, madrina del Pride nazionale 2009, non se ne stupisce: «sapevo che Genova avrebbe risposto con grande calore. La cosa che più mi colpisce è la forte presenza degli etero, che si mescolano con gli omosessuali, camminano con loro. Oggi in Italia noi non ci sentiamo rappresentati e il Pride è un modo per far sentire la nostra voce».
Franco Grillini, presidente onorario dell'Arcigay, è accanto a Luxuria al capo del corteo: «quello di Genova è stato annunciato come un Pride politico, ma tutti i Pride sono politici. Questo lo è di più, perché oggi in Italia le cose vanno sempre peggio a causa di tutte le violenze di cui abbiamo notizia ogni giorno. Questo Pride lascia un'eredità: il Comitato Genova Pride che non morirà, ma continuerà a portare avanti le sue iniziative contro l'omofobia».
C'era anche don Andrea Gallo, che ha partecipato al Pride con il carro della Comunità di San Benedetto al Porto: «ciò che conta è la libertà e l'amore. Questo Pride vuol dire basta all'omofobia che in Italia imperversa. Dov'è il Ministro delle Pari Opportunità? Anche alla Chiesa chiedo un dinamismo nuovo: non si può non rispondere alle richieste della comunità LGBTQI. L'Italia è una repubblica democratica e laica; c'è libertà di coscienza e religiosa. È necessario ripartire dai diritti di tutti, per passare dalla solitudine alla festa».
Anna Paola Concia, è una delle quattro politiche arrivate a rappresentare il Pd al Pride. Tra le altre, Roberta Pinotti. E gli uomini dove sono? «Sono omofobi!», risponde Concia, che continua: «in Italia stiamo tornando indietro. Bisogna uscire in piazza».
In corteo c'è anche il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova: «rappresento Pdl e PPE (Partito Popolare Europeo) e difendo i diritti delle coppie omosessuali. Rappresento anche gli elettori omosessuali». E i DiDoRe? «Sono un piccolo passo nella direzione dei diritti».
Per il filosofo e politico Gianni Vattimo, che ha seguito il corteo fino a piazza Corvetto, questo non era il primo Gay Pride: «questa è stata una manifestazione più politicamente consapevole rispetto a quelle a cui ero abituato. Le stravaganze e il folklore sono state messe in secondo piano».


Gay Pride, la festa dei 200 mila in corteo

Luxuria: "Da oggi tutti un po' genovesi"
Luxuria superstar, curiosità e divertimento battono la diffidenza. Vattimo: "Il Pride è diventato meno pittoresco ma più politico. E del resto il movimento omosessuale deve fare politica". I trans del ghetto al sindaco: "Vogliamo un incontro per dirle che dai bassi non ce ne vogliamo andare perché la nostra storia è lì"

di Wanda Valli

Per rivendicare i diritti, per essere "l´Italia che fa la differenza", lo slogan che hanno scelto. Così, commenta Gianni Vattimo, filosofo e politico, ieri sera a De Ferrari, il «Pride è diventato molto più politico che pittoresco, e del resto ormai il movimento omosessuale, deve fare politica». A modo suo, certo, con le sue icone, come Valdimir Luxuria, ammiratissima, in testa al corteo con sandali viola e abito beige. Lei che sottolinea il feeling con Genova: «È un Pride a cui questa città ospitale, pronta a accogliere le nostre richieste, partecipa con il sorriso e non con uno sguardo di distacco morboso». È proprio così, c´è curiosità, ci sono le foto, soprattutto a Luxuria, c´è qualche smorfia, ma niente di più dalla città, per un giorno diversa, che si limita affrontare l´invasione con consigli via telefonino sulle strade alternative da percorrere. «Mai vista tanta partecipazione da almeno sette anni», commenta Riccardo Gottardi, segretario nazionale Arcigay. E gli altri, da Aurelio Mancuso che di Arcigay è il presidente, ad Alberto Villa, uno dei portavoce, concordano. Il clima di festa si intuisce subito, nel primo pomeriggio, sulla metropolitana invasa da ragazzi e ragazze, soprattutto, giovanissimi, che si rovesciano fuori a Principe, dove già c´è musica, ci sono i carri, c´è gente. Qualcuno si accosta a un muretto per truccarsi, le ragazze infilano parrucche rosa, gialle, bluette, arancioni; molte indossano, come fosse un pareo, la bandiera dal Pride 2009, con i colori dell´arcobaleno della pace, qualcun altro l´ha trasformata in una bandoliera. Palloncini colorati sui carri e poi musica: "I will survive" canta Gloria Gaynor, qualcun altro sceglie "Pop Porno" o gli anni Sessanta. Sul carro della comunità di San Benedetto al porto c´è Fabrizio De André, con i versi della "Canzone del Maggio", e sopra ci sono loro, i trans del Ghetto che escono fuori per la prima volta, da quarant´anni.
Alla sera arrivati a De Ferrari, avvertono il sindaco, Marta Vincenzi: «Verremo a chiederle un incontro perché dai bassi non ce ne andiamo, la nostra storia è lì». Si sente male una trans, proprio sul carro di San Benedetto, e viene ricoverata in ospedale; la voce risale lungo il corteo che sembra lambire Genova, accompagnarla. In mezzo, un po´ staccata dagli altri, c´è una trans metà diavolo e metà angelo, un´altra assomiglia a un angelo nero di velo e piume. C´è il gruppo degli Omosessuali Cristiani, di Milano, con striscione, e Gianni spiega: «La Chiesa non è tutta così, solo una parte della gerarchia, ma anche a Genova non abbiamo avuto problemi». A Genova c´é don Gallo in prima fila, c´è il cardinale Bagnasco che non ha lanciato anatemi. In piazza i cartelli di protesta. Uno per esempio si chiede: «Se Silvio e Noemi si possono frequentare, perché Paolo e Antonio non si possono sposare?». All´inizio di via XX Settembre, è il silenzio, per «la morte della libertà in Iran». Il silenzio regge, da Luxuria a Lella Costa che si è unita al Pride a Brignole, a tutti gli altri. All´altezza del Ponte Monumentale, si spezza con l´urlo collettivo "Libertà-massima", ancora su fino a De Ferrari, insieme con i politici che si sono mescolati agli altri, assessori e senatori, gente del Pd, del Pdci, di Sinistra e Libertà, di Rifondazione. Poi, nella piazza simbolo di Genova, prima del saluto del sindaco, il "grazie" alla città.

Nessun commento: