venerdì 8 maggio 2009

Vattimo illumina con il pensiero debole l'esordio dei Giannoniani di Benevento


(Da Il Quaderno.it; Mariangela Zoe Cocchiaro)

Ieri pomeriggio, nel Liceo Classico Pietro Giannone di Benevento, in procinto di spegnere, l'anno prossimo, le duecento candeline, è stato ospitato Gianni Vattimo il “più grande filosofo del pianeta”, come, con garbata ironia, l'ha definito Gaetano Cantone il presidente pro-tempore dei "Giannoniani", l'associazione degli ex liceali che, per l'occasione, s'è presentata a Benevento, dopo la sua recente costituzione.

Nella affollatissima sala Palatucci della scuola di Piazza Risorgimento, Vattimo ha tenuto una conferenza sul tema: “Il pensiero debole come pensiero dei deboli”. Dopo due canzoni intonate dal coro “Scuole Aperte” del Liceo, una di Fabrizio De Andrè e l'altra di Roberto De Simone, ha aperto l’incontro la preside Maria Felicia Crisci. Ha dato il benvenuto nell’antica casa ai Giannoniani e ha precisato che i vecchi ricordi sarebbero durati solo il tempo di un saluto: nessun indugio nell'amarcord, nell’intento di operare nel presente e aprire un nuovo dibattito con gli studenti del liceo e la città.

Analogamente, Cantone, ha negato ogni possibilità di reducismo nella costituzione dell'associazione degli ex alunni, anzi, esortando a mettersi in cammino o in viaggio, citando Cristoforo Colombo, ha consigliato agli alunni del liceo di condividere il tentativo di “buscar el Levante pur el Ponente”. Cantone dopo un rapido passaggio sulla creatività come felicità dolente, ha presentato il pensatore torinese.

Gianni Vattimo ha tenuto un'interessante e profonda prolusione, senza tema di alleggerirla con momenti di comunicazione più lievi, coinvolgendo l'attentissimo pubblico. Ha immediatamente affrontato il ruolo del filosofo come “professionista dell’umanità”, citando Husserl, e il conseguente impegno 24 ore su 24: è impossibile prendere le ferie dal pensare.

Il debolismo è stato introdotto in una conferenza a Salerno, nel 1983. Nella teorizzazione di Liotard del post-moderno, si constata la frammentazione dei punti di vista sul mondo. Si celebra il funerale delle metanarrazioni, discorsi che avevano la pretesa di inquadrare tutta la razionalità. E al contempo si ratifica la fine del primato della cultura occidentale e il riscatto dei popoli primitivi che protestano con una grande forza di contestazione. Non a caso, la rivoluzionarietà dello Strutturalismo è da attribuirsi alla sua patria, la Francia. E al periodo storico di nascita: la guerra della Francia in Algeria.

Le conclusioni? “Le civiltà hanno tutte la stessa dignità, purchè abbiano una certa articolazione interna da reggere”. I popoli primitivi, dunque, ci hanno costretto a pensare in modo diverso dal consueto. Di fronte alla disgregazione della verità assoluta, il pensiero debole accompagna la trasformazione culturale.

Vattimo ha proseguito osservando come l’idea della consumazione degli assoluti sia preferibile all’idea che l’assoluto scompaia, ma poi ritorni. Heideggeriano di sinistra, il filosofo ha affermato che l’essere, in Essere e Tempo, non deve mai tornare nella sua assoluta perentorietà, perché altrimenti si presenterebbe come un super-oggetto.

Il filosofo ha concluso dicendo come il pensiero debole sia l’unica filosofia cristiana praticabile, poiché non crea contraddizione tra verità e libertà. La violenza, infatti, non è la negazione del locus naturalis in senso aristotelico, ma affermare i propri assoluti, in nome della verità, e calpestare, così, la carità. Gli assoluti si devono consumare e ci si deve orientare a una salvezza che consista in una maggiore spiritualizzazione della nostra esperienza. Verso un nichilismo positivo, con la negazione del forzutismo della verità e il trionfo della carità.

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